giovedì 23 maggio 2013

L'occhio del secolo



Potevamo farci mancare l'occasione di fornire un'informazione tanto utile quanto intempestiva?
Era un po' che non rispolveravamo il già citato concetto di "blog di servizio del piffero", a noi così caro, e la cosa stava francamente iniziando a mancarmi.

Nell'ormai celeberrimo museo di fotografia della città di Stoccolma (un'attrattiva che come previsto ha avuto un forte e positivo impatto sulla scena culturale cittadina) è presente sin dall'8 marzo un'eccezionale mostra fotografica, che raccoglie le opere del grande Henri Cartier-Bresson.



Praticamente tutti quelli che conosco l'hanno già visitata, in molti più di una volta. E hanno fatto bene perché a) E' bellissima, raccoglie moltissime immagini del fotografo francese, e praticamente tutti gli scatti più noti e importanti b) Sta per finire. Quando Giusi e io potevamo riuscire a trovare il tempo di visitarla se non all'ultimo minuto?

Di Cartier-Bresson si è detto di tutto, e quasi tutto quello che si è detto ne tesse le lodi. Chi sono io per fare diversamente? Qualcuno potrà obiettare che alcuni dei suoi scatti non siano poi così tecnicamente complessi o originali. Può anche essere, ora che il nostro occhio e il nostro cervello hanno imparato ad apprezzarli. Quando Cartier-Bresson (insieme ad altri pionieri della fotografia moderna) ha iniziato, non era di certo così. E riuscire a produrre un'opera d'arte che sia al tempo stesso semplice e pulita non è facile. Senza obiettivi, senza esposimetri, senza bilanciamento automatico di tonalità, e con pochi scatti a disposizione. 
Ma questo era l'ultimo dei suoi problemi, essendo a suo parere la foto una, quella che nasce nell'occhio e nel cervello, e una volta persa, per quanto ci si possa avvicinare con molteplici e successivi tentativi, lo è irrimediabilmente.



Questo concetto deriva da un altro aspetto del fotografo che conoscevo meno, e che sono stato lieto di scoprire in questa occasione. Mentre mi erano ben note le espressioni artistiche da lui prodotte, ho capito che ne avevo sottovalutato le caratteristiche di documentarista, e di fotografo di reportages, ruolo che ha svolto non con lo sguardo impetuoso e frenetico del giornalista, ma con quello attento di osservatore di istanti, unici e irripetibili.  Da questo punto di vista è stato veramente l'occhio del secolo.  

La fotografia è l'unico strumento in grado di immortalare il presente, l'attimo che non esiste più e che nessuna forza al mondo potrà far rivivere. Il fotografo gioca continuamente una partita con il tempo, e in palio c'è la realtà, cioè, a suo stesso dire, "un diluvio caotico di elementi, [...], e il riconoscimento simultaneo in una frazione di secondo dell’importanza dell’evento, così come l’organizzazione precisa delle forme, dà a quell’evento l'espressione adeguata…”








Ci sarebbe tanto altro da dire, ma opinioni molto più qualificate e interessanti delle mie sono ottenibili con un paio di semplici clic sui risultati di google. Questo, oltre a essere un po' frustrante, fa sì che il mio compito termini qui.

La mostra dal canto suo terminerà il 26 di questo mese (da qui l'intempestività del mio suggerimento), per cui ancora un paio di giorni a disposizione ci sono. Andateci. Il Fotografiska Museet è aperto ogni giorno dalle 9 alle 21. E il giovedì e il sabato chiude alle 23. Come già detto in passato, la location è fantastica, e si può abbinare la visita a un caffè o un aperitivo nel fantastico bar del museo, ammirando il tramonto dalle enormi vetrate che sovrastano una delle baie cittadine .




(le fotografie qui riportate sono state prese dal web, e qualora fosse desiderato potranno essere immediatamente rimosse)


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